martedì 15 ottobre 2013

Un allievo da...7

Ci sono personaggi che hanno saputo interpretare meglio di altri lo spirito del tempo in cui sono vissuti e, grazie al loro modo di essere unico e irripetibile, addirittura precorrere ciò che sarebbe stato in futuro. E' il caso di un giovane comasco, estroso ed estroverso tanto sul lavoro quanto nella vita, ma professionale come pochissimi altri. Era uno di quelli che, ad averli in classe, oggi, sarebbe stato etichettato come "caratteriale": capace di arrivare con precisione quasi cronometrica all'inizio delle lezioni, ma con un abbigliamento tutto suo, che avrebbe fatto storcere il naso a più di un professore, malgrado non avesse nè un quaderno nè una nota di demerito. In un'epoca in cui andavano di moda capelli corti e giacca e cravatta, andava in giro con una zazzera lunga che anticipava il mitico '68, l'anno della rivolta, e abiti disegnati da uno stilista sconosciuto: se medesimo. 

Dotato di una capacità di lavoro immensa, pari forse allo stesso senso della disciplina, dal momento che, se gli si diceva di fare qualcosa inerente alla professione, non solo la eseguiva senza discutere, ma la faceva pure assai bene, mettendoci molto di suo. E siccome "madre natura" non gli aveva solo dato una gran faccia tosta, ma anche pari talento, era uno dei migliori in tutto il mondo. Fermo ma educato e rispettoso anche quando difendeva i principi in cui credeva, uno su tutti: "fuori dal campo faccio ciò che mi pare", ma senza mai essere arrogante o spocchioso malgrado i numeri fossero dalla sua. Per questo i suoi compagni e i suoi colleghi lo adoravano e lo rispettavano e ancora oggi, quando ne parlano, ad alcuni si illuminano gli occhi di lacrime velate.

Amava la vita in tutte le sue forme, senza se e senza ma e la viveva senza paura, tanto nel lavoro quanto nel privato. Se fosse vissuto oggi, i giornali di gossip sarebbero impazziti perchè, dopo una fiammata iniziale per l'inizio della relazione, semi-adultera, con una donna già sposata, i due erano quasi scomparsi dai radar della mondanità, malgrado vivessero insieme senza un legame certificato dalla legge, che per l'Italia bacchettona dei primi anni '60 era un oltraggio pazzesco.

Amava la vita e l'aveva vissuta conoscendo grandi gioie e pari amarezze, ma sempre con grande senso di responsabilità, alieno dalle mode del tempo e allergico a quei comportamenti che fanno dei piccoli calciatori di oggi, dei grandi fenomeni mediatici.  

Era un allievo da 10 in campo e da 5 (o 4 per i colleghi più severi) fuori dal terreno di gioco. Mi piace pensare che nel quarantaseiesimo anniversario della sua scomparsa, Gigi Meroni possa essere ancora oggi un esempio per i tanti giovani insofferenti alle regole, ma attenti alla praticità del vivere sano e del rispetto altrui.

lunedì 14 ottobre 2013

Voler bene...ai giovani

Voglio spezzare una lancia in favore dei "metodi di una volta". Stando "dall'altro lato della cattedra", mi sono ritrovato a toccare con mano non solo la differenza di prospettiva e la condivisione nel "farsi il mazzo" (chi crede che i docenti lavorino meno degli allievi solo perchè in aula scrivono di meno non ha capito nulla del mestiere), ma anche a capire che certi metodi hanno un loro motivo ben radicato.

Un maestro di formazione giovanile, con tanto di palmares carico di successi sul campo, a proposito dei ragazzi difficili di cui Balotelli e Cassano (o la Pellegrini e
la Pennetta) sono un esempio "luminoso" ha detto: "Avete mai provato a voler bene veramente a quei ragazzi ? Farlo significa insegnargli l'educazione, fargli capire che oggi si deve fare più di ieri e domani più di oggi. I ragazzi sono dei vuoti a perdere che bisogna rifornire continuamente, ma i grandi talenti si riempiono da soli, noi dobbiamo stare attenti a non disturbare questo loro processo".

Per questo credo proprio che la prossima volta che troverò qualcuno che scrive qual è nel modo sbagliato, lo dovrà fare un certo numero di volte nel modo giusto. In fin dei conti anche per fare il "Beatle" ci vuole allenamento. Da sola la passione non basta.


venerdì 11 ottobre 2013

Tanti Rachid, pochi...Davide.

Ha destato parecchio scalpore la vicenda del giovane marocchino laureatosi in ingegneria a Torino malgrado l'attività da "vu cumprà" a cui è tornato (per ora). Qualcuno può essersi stupito di un simile risultato, molti l'hanno guardato con un misto di sarcasmo, nel migliore dei casi condito da ironia ("è un titolo sudato"), pochi purtroppo con ammirazione. Chi frequenta il mondo della formazione professionale (e non solo) sa bene però che i Rachid (i Dragos, gli Abdul, i Carlos per citare i nomi dei popoli più rappresentati) quelle aule sono piene e in Italia sono tanti ma non tutti possono permettersi di passare il proprio tempo a scuola, anche in quelle serali. A mancare, purtroppo, sono gli "indigeni"...i Marco, i Davide, le Simona e le Sara. 

Da quando insegno, posso infatti confermare che, fra i primi dieci migliori allievi che abbia mai avuto, sul podio ci sono solo studenti stranieri e che il primo fra gli italiani si colloca nella seconda metà bassa della decina, a fronte di un campione complessivo di almeno cinquecento persone. E non mi riferisco solo al rispetto della puntualità, del decoro, del linguaggio, ma anche e soprattutto delle capacità pratiche, dell'umiltà e della voglia di imparare. Virtù ormai poco frequentate dai ragazzi "nostrani". 

Questione di motivazione ? Anche ma non solo, è una questione culturale. Qualcuno potrebbe obiettare che quando si fugge da una guerra, dalla fame e il rischio di essere rispediti nell'inferno da cui si è sfuggiti è grande, si scoprono energie sconosciute. Non basta però per rimanere attenti e concentrati anche nei corridoi. La motivazione è basilare, ma non è sufficiente. Lungi dal volere dare ragione a chi sostiene che gli italiani siano "poco occupabili", preferisco pensare a quanto sia vero ciò che ha scritto Michele Serra tempo fa e che si tocca con mano sempre più spesso. 

Il dito sulla piaga l'ha messo, infatti, un allievo rumeno che ha detto a muso duro, in una classe a maggioranza italiana ma di aspiranti elettricisti: "Non avete più voglia di sporcarvi le mani, avete solo voglia di fare festa". E subito dopo un altro allievo italiano, pluri-ripetente, che fino a quel momento aveva chiacchierato con il vicino malgrado richiami e domande (ovviamente) senza risposte, nonostante mancassero cinque minuti alla fine si volta e fa: "Prof, posso andare in bagno ?"... 

venerdì 20 settembre 2013

A volte ritornano...

Siano contratti, colleghi, alunni, edifici, corridoi, aule con i loro odori, rumori, le loro immancabili crepe e la burocrazia, i ritorni a scuola regalano sempre emozioni a qualunque età. Vale per gli allievi, per gli insegnanti, per i dirigenti scolastici ma anche per i genitori che vengono ad accompagnare per la prima volta la figliolanza e per i nonni, le baby sitter e i fratelli che la vengono a recuperare alla fine, ripensando a quando è toccato a loro.

Fra i tanti ritorni ci sono anche quelli dell'imprevisto quotidiano. Come nel caso di un libro dato in prestito, l'anno scorso, a un allievo che non l'aveva più restituito adducendo le scuse più sincere (l'ho dimenticato) e improbabili ("l'ho dato da leggere a mia madre, che poi l'ha passato a un'amica che poi ha fatto il trasloco perchè si è separata ed è andata a stare in un'altra città). Per poi, una volta superato l'inevitabile cazziatone, mettere su uno sguardo di sottecchi traducibile in un "à bello! fai prima a salutarlo e a dimenticarlo". Peccato che non ci sia niente di peggio del cominciare una nuova avventura scolastica con addosso l'amarezza della fiducia tradita da qualcuno in cui l'avevi riposta. E pensare di doverci lavorare insieme per tutto l'anno in maniera obiettiva non è il massimo.

A volte però ritornano....Se è vero come dicono negli U.S.A, che "la vita è un grande supermercato dove alla fine paghi tutto nel male come nel bene", capita anche che a ritornare siano pure le belle sorprese. Ed ecco allora che dopo aver firmato il preliminare del nuovo contratto il vice-direttore tira fuori dal cassetto anche il volume scomparso e poi riapparso il primo giorno di scuola...come da ultima promessa dell'allievo. L'anno allora ricomincia con nuove e belle speranze.

(SE QUALCUNO VUOLE INDOVINARE IL TITOLO DEL LIBRO...AVRA' UNA SORPRESA:)      

venerdì 7 giugno 2013

Minkia prof: "Si può fare" davvero.

"Si può fare" è il detto perfetto di questa settimana che è stata la più letale dell'anno per i ragazzi e per i docenti. Ultime verifiche, ultime interrogazioni, ultime "sorprese" e poi spazio ai bilanci detti anche scrutini. Non solo per gli allievi ma anche per i docenti che, in alcuni casi, vengono valutati anche su cosa sono riusciti a far apprendere al gruppo classe da settembre.

Riavvolgendo con la memoria e i documenti il nastro dell'anno si parte dall'inizio, dal sogno...dal film "Si può fare" con Claudio Bisio. Una pellicola che avrebbe meritato sorte ben diversa anche in prospettiva internazionale perchè ovunque la si proietti (aula scolastica o aziendale) il risultato non cambia: piace, commuove e fa riflettere.
L'ho scelta perchè contiene un duplice messaggio: di denuncia e di speranza. La denuncia è quella della situazione di certe patologie che vengono abolite per decreto legge ma continuano a esistere, la speranza è quella data da tutti i protagonisti con la vittoria sui loro limiti individuali e di gruppo. 

E i ragazzi sono stati eccezionali nel saper cogliere le sfumature più sottili e diverse di una pellicola in cui tutti gli attori si rivelano dei veri e propri "mostri" di bravura. A tutti gli allievi ho chiesto di descrivere la scena che li ha più colpiti e di spiegare perchè, oltre a indicare cosa gli è piaciuto o non piaciuto del film.

LA SCENA: "Matti creativi"
La creatività dei matti, la reazione al dolore, il discorso carismatico. Sono queste le tre scene più gettonate nei racconti dei ragazzi.

La nascita del mosaico:
"Mi ha colpito vedere come queste persone disabili hanno reagito quando si sono trovati in difficoltà perchè son finiti i pezzi per fare il parquet eppure loro con gli scarti sono riusciti a "creare un'arte" per finire tutto il lavoro", scrive Paolo. (i nomi dei ragazzi sono di fantasia)
"E' stato bello vedere la reazione del committente al parquet spettacolare fatto con gli scarti" (Giacomo). 

Quella del suicidio di Gigio:
"Tanto talento sprecato per colpa di una ragazza superficiale" (Ricardo). "Eppure l'amore fa tanto male a volte" (Dragos). 

Quella del discorso finale del presidente della cooperativa.
"Mi ha colpito perchè ai nuovi arrivati ha fatto un discorso muto ma molto profondo e molto intenso, come se con lo sguardo dicesse a tutti: "ce la farete pure voi, in fin dei conti siete liberi". (Natan)

IL MESSAGGIO: "Siamo tutti uguali"
"Questo film mi è piaciuto perchè è basato su una storia vera e perchè ci sono ancora persone che credono in altre malgrado i loro problemi". (Giovanna). 
"Questo film, secondo me, è molto interessante perché affascina chi lo guarda, ti fa affezionare ai protagonisti tanto da rimanerci male se non ottengono buoni risultati o muoiono. E' fatto molto bene perché descrive un sogno e una speranza, descrive come essendo uniti tutto "SI PU0’ FARE", inoltre non è difficile da seguire e non è pesante pur essendo molto serio. Secondo me è un bellissimo film" (Matteo).
"A me è piaciuto molto perché mi ha fatto capire che anche le persone diversamente abili sono in grado di fare qualcosa se si impegnano e dimostrano anche che non sono stupidi in tutto" (Dumitru).

"Mi ha colpito molto, perché ci apre le porte di una realtà per molti sconosciuta ma che ancora oggi esiste, una realtà di persone diversamente abili che, secondo un mio pensiero, sono migliori di moltissime persone “normali” che valgono meno di zero. Queste persone hanno grande cuore ed e molto bello vedere in ognuno di loro il modo in cui riescono ad esprimere le loro emozioni". (Roberto)

"Questo film mi ha fatto conoscere un mondo sconosciuto, che pensavo tristissimo e oscuro. Grazie a questa opera invece si è rivelato molto diverso. È stato divertente assistere a tutte le vicende di queste persone. Ben venga e spero ce ne siano ancora di film che rappresentano questo tipo di realtà". (Ornella)

"Mi è piaciuto perchè dice che siamo tutti capaci di fare quello che vogliamo mettendoci il cuore e la voglia di fare". (Ileana)

lunedì 27 maggio 2013

Dalla...telecamera:"Chi insegna è un sognatore incallito".

Al Salone del libro della settimana scorsa è capitato, anche, di essere intervistati e di dover spiegare il perchè è nato questo blog. Fa un certo effetto passare "dall'altro lato" del microfono, ma è comunque sempre una bella occasione di crescita e di confronto. Tuttavia lungi dal voler eccedere in narcisismo, in seguito all'incontro avuto poi con altri amici e colleghi, posto qui, in modo autonomo e distaccato dal contesto di un post precedente, quali sono le motivazioni per cui mi sono messo online.


“Minkia prof !” è l’esclamazione più tipica e ricorrente nel mondo giovanile di oggi, almeno quello collegato alla scuola e si può considerare ormai l'equivalente di esclamazioni passate come "oh santa pazienza !", "ma che cavolo !", "miseria !". Quindi non c'entra nulla l'espressione usata, ben prima di me, dalla brava Luciana Littizzetto o da Giorgio Faletti. 

Sono arrivato tardi, anagraficamente, al mondo della formazione e il fuoco mi si è acceso per gradi. In origine era un modo come un altro per sbarcare il lunario, assecondando il progetto di vita di contribuire a valorizzare le risorse della terra natìa. Con la differenza che queste teste e questi cuori non sono aziende, ma piccole meraviglie che si stanno aprendo alla vita.

Loro sono l’oro in potenza. L’elemento esaltante di questa sfida è qui: aver di fronte dei blocchi di diamante, (che in alcuni casi al confronto è burro), da scolpire ogni giorno con pazienza, passione, fiducia e anche un po’ di divertimento, per assecondare quell’imperativo morale che mi impone di non peggiorare quanto ho trovato al mio arrivo in questo mondo e, se possibile, migliorarlo.

Un’avventura difficile e per questo stimolante. Dice bene un collega: “se riesci a bucare certe corazze, gli entri nell’anima e gliela cambi”. Ci sono momenti in cui ti arrivano delle vere e proprie sberle, (come quando qualcuno dei migliori afferma che non serve a nulla frequentare quel corso), ma è anche vero che se si lavora con passione e fantasia i primi a ricompensarti sono i ragazzi. 

In teoria chi fa l’insegnante difficilmente lo fa per denaro, ma perché è un sognatore incallito, un innamorato della vita che non teme i rifiuti e gli schiaffi, anzi, da essi trae lo spunto per non sedersi mai e per continuare a migliorare nel fare il proprio lavoro. L’apprendimento non ha mai una sola sorgente, così come in classe non bisogna mai considerarsi l’unica e sola fonte. La più autorevole sì e in mancanza di quello la più autoritaria. Ma guai a non cogliere i segnali che arrivano da loro, anche sotto forma di provocazione. Si rischia di fare la fine dei sommergibili senza sonar: senza eco si va prima alla deriva e poi a sbattere di sicuro.

La benzina vera per andare avanti arriva dai ragazzi, dalle loro provocazioni, dai loro discorsi, giusti o sbagliati che siano, dalla necessità che hanno di vedere codificate e applicate le regole in modo equo e senza favoritismi. “Duro ma giusto”, simpatico ma non amico. A questi precetti mi sono ispirato e mi ispiro tutt’oggi. Loro non vogliono amici più grandi, secondi padri, fratelli maggiori, guru inarrivabili, ma persone vere, credibili, con cui confrontarsi che sappiano dare rispetto, ascolto, conoscenza. E che all’occorrenza sappiano punire. A patto che la cosa sia giusta e mirata. Non casuale.


venerdì 24 maggio 2013

Quando l'aula si allarga al mondo e si fa libro: il Salone internazionale di Torino

Ci sono posti che più che eventi sono veri e propri luoghi dell'anima, una sorta di "paradiso in terra" dove ci si sente quasi meglio che a casa: in pace e in armonia con il resto dell'umanità e con se stessi, continuamente stimolati a tirar fuori il meglio di noi e a colloquiare non solo necessariamente con i nostri interessi, ma a scoprirne di nuovi. Tutti ne abbiamo (almeno) uno. Da qualche anno ormai per me è così al Salone Internazionale del Libro di Torino, un posto che è fuori dal mondo proprio perchè al suo interno trovi tutto ciò che fa parte del mondo: stimoli, provocazioni, momenti di riflessione e di ilarità, amici, ex-colleghi, volti intravisti e poi subito scomparsi. Praticamente una gigantesca aula scolastica in cui tutti sono compagni e allievi di vita rimanendo, però, professori di se stessi.

Si parla, ci si confronta, ci si "annusa" in code spesso chilometriche come quella per ascoltare il simpatico duetto fra Vauro e Lella Costa, sorridere amaramente con Paolo Villaggio ed emozionarsi con Massimo Gramellini e Paola Mastrocola in un turbinio di incontri dove si discute di tutto dalla scuola digitale, al futuro dell'editoria; dal passato oscuro dell'Italia stragista ai 40 anni de "La grammatica della fantasia" di Gianni Rodari. Capita anche di incontrare un gruppo di bravi e simpatici smanettoni di @Hubblog che, intervistando l'amico twitt-star "La Pausa Caffè", decidano di fare qualche video-domanda sul neonato blog persino a me e di incontrare e scambiare quattro chiacchiere con voci e maestri della propria arte come Ivo De Palma, una delle voci torinesi più belle ma meno note al grande pubblico a livello nazionale, di rivedere compagni di strada spediti dalla vita a Roma, come Davide Mattiello, di assistere all'appassionata presentazione dell'ultimo libro di Rosario Esposito La Rossa che, con la sua Marotta&Cafiero editori, opera a Scampia per dare una voce e un futuro ai giovani di una delle più splendide terre d'Italia dove il peso della malavita si fa sentire ogni giorno.

Poi dalle nebbie del passato spunta lo sguardo serio e la voce appassionata di Antonio Nicaso che con il magistrato Nicola Gratteri è arrivato a presentare il loro ultimo libro sulla N'drangheta. Malgrado la folla di mani e di libri da stringere e firmare, trova modo di passare qualche momento insieme per riflettere su mafia, politica e ricordare le belle esperienze insieme in Canada. Poi, sfogliando l'omaggio dell'ottimo illustratore in 3d Francesco Corni, si illumina dice: "un autore così bravo da noi "spaccherebbe". Peccato che i luoghi di diffusione si siano ridotti con la sospensione delle pubblicazioni del Corriere Canadese". Una notizia che mi sorprende perchè credevo che il gruppo editoriale che lo pubblicava fosse in buone acque. Invece, chiosa laconico il suo ex-direttore, "non è tutto ora ciò che luccica". 

Luccicano invece, eccome, gli occhi dei due smanettoni dei droni: Gregory Alessio e Osvaldo Gotta. Sono entrati al salone quasi di soppiatto, infatti li hanno lasciati vicino all'uscita che però non è mai stata così affollata di curiosi con le bocche che fanno "oh! che meraviglia" e i cui occhi brillano di ammirazione quasi quanto quelli dei due giovani di voglia di costruire apparecchietti e apparecchioni volanti non per fare la guerra ma per portare in alto le loro idee e la loro passione. Sono capaci di stare svegli fino alle 4 del mattino per smontare e rimontare eliche, batterie, giroscopi e componenti dei loro "giocattoli" malgrado due figli e due lavori semi-regolari.

Due testoni così sono stati la croce dei loro insegnanti di matematica (complimenti ragazzi facciamo parte dello stesso club :)) e la delizia di quelli di meccanica che hanno aiutato anche fattivamente nella preparazione delle lezioni. Non hanno ancora costituito nemmeno la società, per paura di perdere la magia del divertimento in ciò che fanno ma si sono portati avanti: hanno partecipato a un incontro con i Grom (Federico e Guido Martinetti) che della loro passione auto-appresa hanno fatto un business. Ufficialmente stanno dietro a tanti banconi sparsi per il mondo e fanno qualità, di fatto generano con i loro sapori emozioni...gelate. 

Come Osvaldo e Alessio, anche Federico e Guido avevano degli insegnanti un po' "vecchio stampo", tanto è vero che gli avevano sconsigliato di proseguire gli studi e quando se li sono trovati dietro il bancone del primo negozio, di via Paleocapa, una di loro ha detto: "ecco più che il gelataio uno come te non poteva finire a fare". 

Ecco allora una provocatoria domanda, tutt'altro che retorica. Premesso che il buon formatore è quello che tira fuori il meglio dal materiale umano che gli viene affidato, collaborando come un alleato più che come un missionario, siamo davvero sicuri che oggi saremmo ciò che siamo se non avessimo avuto anche dei prof duri, testoni, magari miopi, che ci hanno "fustigato", ostacolato, spremuto come limoni facendoci fare cose di cui non ci importava nulla al momento perchè non ne vedevamo/capivamo l'utilità?

Dice bene l'esperto Edoardo Nesi

il formatore, come il genitore, deve vedere oltre la persona che ha di fronte 
e cercare di tirar fuori il meglio, 
valorizzando le doti e aiutando a colmare le lacune.


venerdì 17 maggio 2013

Vita di classe: "A scuola impariamo a riflettere, pensare e vivere"

"Qui non imparo solo come si fa un impianto elettrico o come scrivere un tema,
ma a confrontarmi, a riflettere, a pensare, a vivere
".

Questa è una delle "sorprese" più liete che porta con sè la fine dell'anno ed è contenuta nel compito più atteso e temuto, (anche da...me, come professore): "Cosa avete imparato quest'anno". Partendo dal presupposto che "cultura è ciò che rimane dopo che si è dimenticato ciò che si è imparato", a tutti i ragazzi, quasi ogni anno, chiedo di scrivere, a cuore aperto e mente fredda, cosa hanno imparato e cosa gli è piaciuto di più...un po' di tutte le materie. Purchè non sia un semplice elenco ma sia un lavoro ordinato e con un po' di...sentimento. Ovvero un minimo di riflessione personale. 

Unico obbligo: massima sincerità. "Qui non si valuta il giudizio sull'insegnante ma la vostra capacità di analisi e argomentazione. Scrivete pure se vi sono stato sulle scatole a patto che lo motiviate in modo chiaro. In questa prova si valutano i vostri contenuti individuali. Sicuramente c'è stato qualche argomento che avete apprezzato di meno, per non dire odiato, scrivetelo. E motivatelo. Però siccome la vita non è fatta di sole ombre, o di sole luci, parlate anche di ciò che vi è piaciuto fare oltre all'intervallo, al baccagliare le compagne, a fumare nei bagni, a prendere in giro compagni e docenti. Insomma è una scuola professionale, qualcosa avrete pure imparato e qualcosa, magari, vi sarà pure piaciuto. In caso contrario, chiedetevi almeno come mai non è successo, con un minimo di spirito critico". Non concedo la consultazione di quaderni, al massimo una sbirciata dopo la prima stesura ai più titubanti, anche perchè se è vero che una parola può scatenare un diluvio di ricordi, è proprio dalle parole più sofferte che emergono i lavori più sinceri.

Non so se sia la possibilità data agli allievi di "vendicarsi" degli insegnanti, la necessità di rimediare ai voti precedenti facendo qualcosa di diverso, oppure il gusto di un primo bilancio di una seria esperienza di vita, fatto sta che è un compito che piace. La "ricompensa" sono lavori come quello di un allievo di origine polacca che ha scritto, forse, le parole più belle che abbia mai letto finora. "Questa per me non è solo una scuola o un servizio pubblico. E' un luogo dove possiamo confrontare le nostre idee. Questa scuola non ci insegna solo a fare bene impianti o come scrivere un tema, ma come riflettere, pensare e vivere. In questa scuola ci prepariamo per la grande battaglia del lavoro che ci aspetta fuori da qui. Secondo me la scuola è utile quando ci fa analizzare le cose. Ad esempio quando parliamo di politica o di elettrotecnica se non iniziamo ad analizzare le cose dentro la nostra testa non le capiremo mai. Questo non serve solo a scuola ma anche nella vita perchè se sono in una situazione grave di difficoltà e non inizio a pensare e sto ad aspettare che qualcuno mi aiuta, non aggiusto niente nella mia vita.(...). La scuola e un po come internet dove possiamo confrontare le nostre idee, imparare, cercare le nuove informazioni (...). Venendo a scuola mi sento collegato con il mondo, dove ce qualcuno che mi ascolta e che mi parla. Secondo me la scuola e libero circolo di informazioni, e anche un momento nella vita che possiamo sfruttare".

Refusi grammaticali a parte (ma va considerato che il ragazzo è in Italia da poco tempo e nelle materie professionalizzanti è molto in gamba), questo lavoro dà un senso di completezza a quanto fatto durante l'anno scolastico. Non è fortunatamente l'unico esempio, ci sono anche casi di ragazzi che hanno avuto il coraggio, (sarebbe meglio forse dire l'incoscienza) di scrivere di non aver imparato nulla, ma questa è un'altra storia.

Ciò che conta è che:
se stimolati in modo appropriato,
da ognuno di loro emerge l'oro che sono (in potenza).  

martedì 7 maggio 2013

Vita di classe: "Com'è essere di colore ?"


In una società sempre più multiculturale il problema del razzismo esiste eccome e ben prima che qualcuno "ai piani alti" se ne accorgesse. Per questo uno dei primi lavori che ho quasi sempre fatto fare è stata un'intervista a coppie, componendole anche in base all'antipatia e al grado di pregiudizio reciproco. Il razzismo trova, infatti, terreno fertile dove abbondano l'ignoranza e la diffidenza. Non è detto che le cose cambino (e purtroppo a distanza di mesi dall'esperimento, malgrado qualche miglioramento, la piaga è ancora presente) però il messaggio è partito e in alcuni casi è stato recepito. Per esempio due alunni, entrambi non italiani se non di adozione territoriale, hanno cominciato così. 

"Com'è essere di colore ?";"Bello, mi ricorda la mia terra natale".
"Ti senti più brasiliano o italiano ?";"Sono fiero delle mie origini, ma mi sento italiano perchè ormai sono anni che vivo qui".

Sono compiti ineccepibili sia per contenuti che a livello grammaticale, un dato tutt'altro che scontato in molti lavori di madre lingua. Ma sono soprattutto l'essenza del multiculturalismo. Hanno un differente retroterra culturale, ovvero storie e tradizioni individuali, arrivano da luoghi diversi (le famose mille strade del canto della comunione) ma parlano una lingua comune e non è l'inglese ! ma la nostra lingua: l'italiano. Leggono, imparano e si confrontano nella nostra realtà quotidiana, ognuno la filtra in modo diverso, reagisce in modo diverso sulla base dei valori appresi anche in casa ma quando non la pensano allo stesso modo magari scatta lo sfottò, la battuta, ma non viene mai meno il rispetto reciproco. Cosa che, purtroppo, non succede ovunque.

Li guardo, li sento magari darsi del "negro di m..." o del "bianco come l'ignoranza" o ancora: "Tu stai a legge(re) come un dislessico, ma fra noi due quello vero sono io !". Ma sono prese in giro, pesanti a leggersi come a scriversi, ma chiunque li vedesse sul momento, capirebbe che si vogliono più bene loro di tanti wasp o bianchi o politici dello stesso schieramento. 

Per questo quando leggo certe dichiarazioni sui giornali non posso non sentirmi a disagio e ritorno, con la memoria, a un campo di neve, in montagna, durante un ritiro spirituale dove un prete di colore, oggi tornato come missionario in Africa, disse a tre giovanotti ("bianchi come l'ignoranza") guardandoli in modo torvo:"piantatela perchè non c'è niente di peggio di un nero incazzato nero". E non rise. E gli altri abbassarono, vergognosamente, il capo.

L'idiozia e l'odio non hanno genere, solo un denominatore comune: l'ignoranza.
Ma se essa prevale è anche perchè le persone di buona volontà hanno fatto un passo di lato, cedendole il passaggio.

Sotto questo aspetto i prof occupano una posizione privilegiata, hanno cioè la possibilità di fare qualcosa di concreto. O almeno di provarci. Se vogliono.

Un aiuto può venire da quel piccolo, meraviglioso, film "Il sapore della vittoria" dedicato alla vicenda, realmente accaduta, della squadra di football dei Titans di Alexandria. In quel caso la vera vittoria non fu la conquista di un titolo sportivo ma la collaborazione fra bianchi e neri, frutto della conoscenza e del rispetto reciproco.

venerdì 3 maggio 2013

Scuola 2.0: a lezione si ascolta la storia cantare

Non è stata l'ultima edizione riveduta e corretta di una lezione alla John Keating dell'Attimo Fuggente, anche se è innegabile che la carica di quel simpatico anticonformista un po' addosso mi sia rimasta. Però nel 2013 con Internet, i cellulari e tutte le altre distrazioni ed evoluzioni continue quel personaggio è un po' superato.

E' stata una delle più belle e divertenti lezioni fatte quest'anno in una piccola classe vivacemente e simpaticamente polemica. La stessa in cui un allievo mi aveva chiesto se ero un seguace di Damanhur. Ieri però era assente. In compenso un suo compagno, non italiano almeno all'anagrafe ma verbalmente molto evoluto, è tornato dallo stage in azienda bello gasato. Non che prima non lo fosse, anzi. 

Tuttavia sarà la primavera, sarà lo stato di consapevolezza e di grazia che ormai fra meno di due mesi "i giochi" saranno fatti e finiti, fatto sta che oggi abbiamo lavorato in team in modo, apparentemente, molto efficace (un giudizio definitivo lo si potrà dare solo dopo che avranno fatto i cruciverba sulla lezione di oggi) utilizzando anche il cellulare (MIO!) e andando su internet a cercare le canzoncine dell'epoca pre e post fascista per commentarle insieme.

E il bello è che ero partito volendo fare tutt'altro argomento. Eppure l'attualità contemporanea, l'interesse dei ragazzi, la possibilità del programma di affrontare un argomento solo bordeggiato in un'altra materia e la vecchia regola del "FLESSIBILE SI DEVE !, ciò che conta è l'obiettivo finale (che pensino, che imparino)" han fatto cambiare i piani. Ecco allora che, alternando le informazioni fornite da me, i ricordi dei nonni combattenti (non solo partigiani), aneddoti letti e frutto di passate esperienze scolastiche e di approfondimenti individuali è uscito un quadro complessivo molto verosimile e completo delle diverse parti coinvolte nella seconda guerra mondiale e nella guerra civile italiana. 

Che fosse molto più conosciuta dai ragazzi la canzoncina di "Faccetta nera" che non "Bandiera rossa" ormai non sorprende più chi opera nella scuola. Va considerato piuttosto il fatto che su argomenti così lontani, in apparenza, si sia riusciti a parlare, ad ascoltar-SI con partecipazione reciproca senza mai perdersi per strada.

“La complessità e la bellezza di un'opera è data dalla somma
dei particolari più diversi”

lunedì 22 aprile 2013

Dalla scuola: due maestre donano al loro istituto 100mila euro vinti al telequiz

Due maestre vincono centomila euro a un telequiz e le donano alla loro scuola privata.
In un mondo sempre più sottosopra, dove si sente un premio Nobel per la pace parlare di adeguamento delle bombe atomiche per il lancio dai caccia, anzichè di loro smantellamento, dove l'unica speranza di rinascita è affidata a un "giovanotto" di 88 anni, c'è spazio anche per un raggio di speranza. E per una volta lasciamo da parte le ciniche considerazioni sull'abilità imprenditoriale e sull'astuzia femminile delle due maestre. E' il pensiero che conta. La loro vicenda insegna che, malgrado tante difficoltà e tanto bruttume imperante ovunque, le ragioni di speranza non mancano. Se si ha il coraggio di non perdere la fantasia, di seguire l'istinto e il cuore, la bellezza torna a illuminare il nostro cammino.  


Da "La Stampa del 20/04/2013" 

FRANCO GIUBILEI 


Come una favola televisiva a lieto fine: le maestre avevano bisogno di centomila euro per la loro scuola e la somma gli è cascata dal cielo sotto forma di vincita a un telequiz. 
Monica Frasca, 36 anni, da dieci insegna alla Toddlers di Sassuolo, una struttura privata per quaranta famiglie, nido e materna per bimbi da uno a cinque anni dove i piccoli studiano in inglese. E’ stata lei ad avere l’idea un po’ pazza di iscriversi a un gioco a premi con l’obiettivo di mettere insieme la somma necessaria per trasferirsi in una sede nuova, dopo che le banche si erano rifiutate di finanziare l’operazione con un mutuo. «L’ispirazione mi è venuta quando una mamma della nostra scuola mi ha detto che aveva vinto l’affitto di casa per un anno andando a un programma tv – racconta la maestra, che ha una figlia di 8 anni e un compagno -. Ho pensato: se è andata bene a lei allora voglio provarci anch’io. E senza dire niente ad Alessandra (Alessandra Niemann, la collega con cui poi ha partecipato al telequiz, ndr) la sera stessa ho mandato una mail a “Money Drop”, il quiz di Gerry Scotti, dopo che avevo visto l’indirizzo in video al termine della puntata». 

Quando la Endemol, la società di produzione, ha chiamato la scuola per convocare le due donne per un provino, ha risposto Alessandra, 36 anni, sposata con due figli di 8 e 11 anni, ed è caduta dalle nuvole: «Ho risposto che ero occupata coi bimbi e che richiamassero più tardi… Il fatto è che non ne sapevo niente, a me una cosa del genere non sarebbe neanche venuta in mente. Monica lì per lì mi ha guardato malissimo, mi ha anche fatto sentire un po’ in colpa». Passa qualche mese e la Endemol si rifà viva: «Stavolta abbiamo accettato subito l’invito – prosegue Alessandra -, abbiamo fatto il provino a Milano e abbiamo trovato tanta gente nello studio, gli aspiranti concorrenti erano numerosissimi».

Ai selezionatori la resa telegenica e la spigliatezza delle due maestre dev’essere piaciuta, perché la scorsa settimana Monica e Alessandra sono state invitate per la registrazione della puntata di Money Drop andata poi in onda lunedì scorso. Emozionate? Neanche tanto, a sentire Alessandra: «L’abbiamo presa molto come un gioco, non ci siamo fatte tanti problemi. Qualche risposta l’abbiamo azzeccata per fortuna, qualcuna la sapevamo, c’eravamo preparate genericamente su temi di cultura generale». 

Col passare delle domande la posta si è alzata, secondo il meccanismo classico di ogni telegioco dai tempi remoti di Rischiatutto, finché le due concorrenti non si sono ritrovate con le gambe che tremavano davanti al faccione bonario di Jerry Scotti che poneva il domandone finale: «E’ nata prima Sofia Loren o Gina Lollobrigida?». Alessandra: «In realtà non lo sapevamo, ma qualche settimana fa avevamo visto immagini della Loren e ci ha soccorso un po’ d’intuito». Intuito e malizia femminile, spiega Monica: «Abbiamo pensato che fosse una domanda trabocchetto, perché la Loren sembra più giovane grazie ai lifting, mentre la Lollobrigida non sembra abbia fatto ricorso a rimedi del genere». 

La scelta vincente è caduta sulla Lollo e le due si sono portate a casa i centomila euro, che saranno versati nel giro di sei-sette mesi in gettoni d’oro. «Così riusciremo a pagare i lavori per la nuova scuola a Formigine, sempre nel Modenese», esultano le maestre. Quanto alla reazione delle famiglie rispettive, qualche differenza c’è stata: «Mio marito mi ha detto che con tutta la fatica che abbiamo fatto a mandare avanti la scuola in questi anni ho fatto proprio bene», riferisce Alessandra. «Il mio fidanzato, prima del gioco, mi aveva assicurato che se vincevo mi sposava – dice Monica ridendo -: Ora ha detto che visto che voglio dare tutto alla scuola non mi sposa più, ma ovviamente sta scherzando».

venerdì 19 aprile 2013

Fonti originali: "Teach him if you can that 10 cents earned is of far more value than a dollar found"

E' doveroso valorizzare le fonti originali, soprattutto ora che il web lo rende più semplice e possibile, in una scuola in cui è sempre maggiore la presenza di ragazzi "italiani di adozione", per avere una società sempre più multiculturale. Per questo ripropongo qui la versione in lingua originale dei suggerimenti costruttivi rivolti da Abraham Lincoln al professore di suo figlio. Le differenze in termini di spirito del messaggio sono contenute, ma la musicalità è diversa, forse perchè, come dice qualcuno, se l'italiano è una lingua scritta l'inglese è una lingua parlata.  

“My son starts school today. It is all going to be strange and new to him for a while and I wish you would treat him gently. It is an adventure that might take him across continents. All adventures that probably include wars, tragedy and sorrow. To live this life will require faith, love and courage.


So dear Teacher, will you please take him by his hand and teach him things he will have to know, teaching him - but gently, if you can. Teach him that for every enemy, there is a friend. He will have to know that all men are not just, that all men are not true. But teach him also that for every scoundrel there is a hero, that for every crooked politician, there is a dedicated leader.

Teach him if you can that 10 cents earned is of far more value than a dollar found. In school, teacher, it is far more honorable to fail than to cheat. Teach him to learn how to gracefully lose, and enjoy winning when he does win.

Teach him to be gentle with people, tough with tough people. Steer him away from envy if you can and teach him the secret of quiet laughter. Teach him if you can - how to laugh when he is sad, teach him there is no shame in tears. Teach him there can be glory in failure and despair in success. Teach him to scoff at cynics.

Teach him if you can the wonders of books, but also give time to ponder the extreme mystery of birds in the sky, bees in the sun and flowers on a green hill. Teach him to have faith in his own ideas, even if every one tell him they are wrong.

Try to give my son the strength not to follow the crowd when everyone else is doing it. Teach him to listen to every one, but teach him also to filters all that he hears on a screen of truth and take only the good that comes through.

Teach him to sell his talents and brains to the highest bidder but never to put a price tag on his heart and soul. Let him have the courage to be impatient, let him have the patient to be brave. Teach him to have sublime faith in himself, because then he will always have sublime faith in mankind, in God.

This is the order, teacher but see what best you can do. He is such a nice little boy and he is my son".




Dalle famiglie: "Prof gli insegni ad avere fiducia nelle proprie idee"

Ricevo e pubblico volentieri quest'esortazione rivolto all'insegnante di suo figlio da uno dei più grandi uomini politici occidentali che all'epoca era un illustre avvocato semi-sconosciuto alle masse. Onestamente non so quanti insegnanti, oggi, se ricevessero una simile lettera da un genitore direbbero qualcosa di diverso dal: "ma chi si crede di essere questo qui per insegnarmi il mestiere ?". Eppure, alcuni di questi passaggi rappresentano le stelle polari della buona formazione.

"Caro Professore, 

Dovrà imparare, lo so, che non tutti gli uomini sono giusti, che non tutti gli uomini sono sinceri. Però gli insegni anche che per ogni delinquente, c’è un eroe; che per ogni politico egoista c’è un leader scrupoloso. Gli insegni che per ogni nemico c’è un amico, cerchi di tenerlo lontano dall’invidia, se ci riesce, e gli insegni il segreto di una risata discreta. Gli faccia imparare subito che i bulli sono i primi ad essere sconfitti. Se può, gli trasmetta la meraviglia dei libri. Ma gli lasci anche il tempo tranquillo per ponderare l’eterno mistero degli uccelli nel cielo, delle api nel sole e dei fiori su una verde collina.
Gli insegni che a scuola è molto più onorevole sbagliare piuttosto che imbrogliare…


Gli insegni ad avere fiducia nelle proprie idee, anche se tutti gli dicono che sta sbagliando… Gli insegni ad essere gentile con le persone gentili e rude con i rudi. Cerchi di dare a mio figlio la forza per non seguire la massa, anche se tutti saltano sul carro del vincitore…

Gli insegni a dare ascolto a tutti gli uomini, ma gli insegni anche a filtrare ciò che ascolta col setaccio della verità, trattenendo solo il buono che vi passa attraverso. Gli insegni, se può, come ridere quando è triste. Gli insegni che non c’è vergogna nelle lacrime. Gli insegni a schernire i cinici ed a guardarsi dall’eccessiva dolcezza. Gli insegni a vendere la sua merce al miglior offerente, ma a non dare mai un prezzo al proprio cuore e alla propria anima. Gli insegni a non dare ascolto alla gentaglia urlante e ad alzarsi e combattere, se è nel giusto.

Lo tratti con gentilezza, ma non lo coccoli, perché solo attraverso la prova del fuoco si fa un buon acciaio. Lasci che abbia il coraggio di essere impaziente. Lasci che abbia la pazienza per essere coraggioso. Gli insegni sempre ad avere una sublime fiducia in sé stesso, perché solo allora avrà una sublime fiducia nel genere umano.

So che la richiesta è grande, ma veda cosa può fare… E’ un così caro ragazzo, mio figlio!."



Abraham Lincoln

mercoledì 17 aprile 2013

Formazione: sfide contemporanee facebook a scuola.

Una delle sfide che la società pone al mondo della formazione è quella riguardante l'uso della tecnologia e dei suoi derivati, ovvero i programmi più utilizzati dagli studenti. Sono molti i dibattiti che si rincorrono sulla scuola 2.0, sull'uso del computer, di google, di wikipedia, sui libri digitali da cui emerge chiaramente che il mondo della docenza, al di là delle storiche e inevitabili divisioni che lo contraddistinguono ovunque, è in chiaro affanno. Il tutto mentre nel mondo, senza la rete, si rischia di rimanere fermi al palo. Basta guardare l'immagine a fianco per capire la portata del web nella vita quotidiana. 

Internet, infatti, sta scavando un vero e proprio fossato fra le generazioni. Ma la cosa paradossale è che questo divario rischia di essere tanto maggiore non fra nonni e nipoti, ma fra la generazione degli insegnanti/genitori e quella degli allievi. Questi ultimi infatti se sono disposti a riconoscere ai nonni un comprensibile ritardo compensato da abilità diverse (almeno il nonno l'orto lo sa fare o un mobile o un interruttore della luce lo sa riparare), non sono altrettanto benevoli verso genitori e insegnanti che hanno il torto, ai loro occhi, di far parte della generazione che ha ideato l'evoluzione del pc attraverso i social network ma che li usa, spesso, con meno padronanza di loro. 

Non sono infrequenti, infatti, i casi di genitori/docenti che di fronte a parole come "tag", "2.0", "twitter" e le loro declinazione italiote dall'inglese ("flaggare"; "downlodare"; "briffare"; "caricare sul tubo (youtube)) vanno nel pallone, mentre il mondo del lavoro, as usual, procede a velocità doppia o tripla rispetto alle attrezzature scolastiche. 

Personalmente l'idea di usare facebook a scuola mi fa venire quasi l'orticaria. Al tempo stesso, nel momento attuale di evoluzione della società, non ci si può nascondere che se si vuole intercettare l'utenza e motivarla ad apprendere, divertendosi, bisogna andarla a intercettare là dove si trova. Oggi facebook, twitter, whatssap, youtube sono delle vere e proprie "discoteche digitali" di cui i docenti devono riuscire a diventare i disc jokey, i dj, per far ascoltare la "musica giusta", quella che magari non piace a pelle agli studenti ma che è comunque più facile da intendere. 

Perchè, a volte, il mezzo conta quasi più del messaggio che si vuole dare. 

giovedì 11 aprile 2013

Vita di classe. Le interruzioni sataniche: "Prof ma lei è..."

rapida rassegna di alcune delle domande più spiazzanti
che si possono sentire durante una lezione


Sono i momenti più particolari delle lezioni. I ragazzi si divertono a provocare quasi di continuo, soprattutto in un contesto come quello del "mondo professionale" dove ci sono meno freni "sociali" rispetto ad altre realtà. Del resto lo facevamo anche noi, adolescenti dell'altro ieri. L'importante è gestire queste che sono autentiche sfide "all'OK corral" da cui non ci si può permettere di uscire sconfitti. L'importante è non ignorarle perchè sono le spie dell'attenzione della classe.

"Posso rispondere al cellulare ? E' mia madre"... (Mai una volta che sia il padre...)
"Posso andare in bagno ?" (ripetuto rigorosamente ogni tre minuti)
"Posso fumare la sigaretta elettronica ? E' solo vapore". (Nel cartello "divieto di fumare" è implicito anche "il qualsiasi cosa")
"Prof ma lo sa che sta "pezzando"?" (riferito all'alone di sudore che appare sulle camicie). (Ti capiterà, quando lavorerai, ovvero la prossima volta che ti interrogo).
"Scusi ma lei porta sempre le camicie ?" (Sì)
"Minchia prof, ma perchè i suoi pantaloni fanno o hanno la piega ?". (Ci son quelli a vita bassa e quelli fatti così. E' la moda)
"Scusi, ma chi glielo fa fare ?" (capitolo a parte)
"Prof, ma lei non stacca mai ?" (a fine lezione/aiutami tu: che ne pensi di ciò che facciamo ?)
"Ma non le danno fastidio gli occhiali ?"
"Prof ma lei va mai a "donne" ?" (fatti miei)
"Ma lei è cristiano o musulmano ?" (vedi sopra)
"Prof lei è torinese ?" (sono lavoratore, a te questo deve importare)

Non c'è IL modo giusto in assoluto, c'è quello (autorevole, autoritario, carismatico, semplice) che funziona ed è diverso ogni volta, da ragazzo a classe.
L'importante è ricordarsi sempre chi è che deve condurre la partita.

lunedì 8 aprile 2013

"Ma prof chi glielo fa fare ?"...(anche) colleghi così...


I matti non viaggiano mai da soli, i sognatori nemmeno, solo i geni rischiano di passare per incompresi (a volte anche per demerito loro). Per questo quando ho letto il "Buongiorno" di Gramellini in cui parlava dei volontari del Museo di Mandrascalica di Cefalù ho ripensato a una vicenda simile, capitata con un collega anni fa e di cui sono stato araldo per "Specchio dei tempi". 






Non voglio con questo elogiare la gratuità del lavoro, quello va pagato sempre ! Del resto il collega non lavorava gratis. Ma la sola moneta non basta per avere un buon prodotto, soprattutto in una nazione come la nostra diventata fanalino di coda per investimenti nell'istruzione e nella cultura. Queste due vicende però ricordano che senza passione e spirito di servizio non si va da nessuna parte, soprattutto nell'attività formativa sia a scuola che in azienda, dove senza colleghi esperti e generosi i giovani apprendisti non durerebbero che pochi giorni.

venerdì 5 aprile 2013

Formazione: Una parola rossa di passione: "Bianca come..."

Quando il pensiero è chiaro diventa una buona parola.
E quando una parola è ben scritta diventa vita
e la vita diventa sogno. 

Questo percorso si è completato con la tempesta emotiva che ha segnato i volti dei tanti giovani che hanno assistito alla proiezione del libro-divenuto-film "Bianca come il latte, Rossa come il sangue", presentato ieri sera in contemporanea in più di 200 sale in tutta Italia.
Ci sono libri che rapiscono per il tempo della lettura, altri che proprio non piacciono, altri che, invece, possono cambiare la vita. Può essere il caso del bel lavoro del "Prof 2.0" Alessandro D'Avenia, divenuto un cult fra i teenager (e non solo).

lunedì 1 aprile 2013

Vita di classe: "Prof lei è matto !"

Ci sono racconti che toccano la fantasia, il cuore e la creatività dei ragazzi come nessun altro. Il meccanismo con cui questo accade, però, è misterioso anche per i docenti più esperti che, se sono onesti, possono arrivare ad ammettere che certi lavori hanno più probabilità di altri di andare a bersaglio, ma la certezza assoluta non esiste. Soprattutto dopo l'avvento di internet, soprattutto in realtà complesse in cui libri e motivazioni a seguire materie umanistiche sono quanto di più distante dalla mentalità del branco vi possa essere. Il fascino della sfida sta nel riuscire a convincerli a seguirti per i primi minuti. E anche lì la sorpresa/la provocazione è in agguato.

venerdì 29 marzo 2013

Vita di classe: "Grazie per un...compito !"

Succede anche questo nel variegato mondo della formazione, specie nel periodo pasquale. Qualcuno potrà storcere la bocca e allargare gli occhi pensando a un ringraziamento detto sarcasticamente o per accondiscendenza. Ma non è questo il caso, dal momento che il ragazzo in questione è un personaggio positivo, originale nelle pose e anche nei pensieri, quanto furbetto e bisognoso di una buona razione di sani esercizi di grammatica.

mercoledì 27 marzo 2013

La nostra cronaca...la nostra storia...

Che cos'è la nostra vita se non cronaca che diventa storia ? Ciò che si racconta qui, in questo blog, altro non è che uno specchio e uno spicchio di tante micro-vicende in cui la piccola storia esce dalla cronaca per entrare nella storia che alimenta la leggenda di ognuno di noi...Ma erano effettivamente giorni migliori, quelli passati, o è solo la distanza temporale, lo scorrere del tempo, che li rende tali ?  



Elogiamo la Mamma Cronaca.

È a lei che deve tutto la storia che nasce e cresce. È a lei che si ispiravano scrittori quali Balzac e Gogol, Flaubert e Stendhal. È ancora a lei che debbono piegarsi anche i mastodontici macchinari della novella civiltà visiva, perché senza cronaca non esiste informazione, talvolta non esiste nemmeno lo spettacolo, pur cruento. Raccogliere la cronaca è anche un'idea sfidante. Come vuotare il mare con un cucchiaio, dirà qualcuno. Beh, dipende da quale mare, da quanto tempo, e dall'impegno del cucchiaio. Del resto, l'oceano della cronaca, lì bello disteso, ha un fascino, un pepe, tutta una serie di spezie, che non si possono lasciar ammuffire.
La cronaca ha un milione di facce: notizie che ieri erano dolorose, un anno dopo fanno ridere o assumono quella patina grottesca, quella crosta metafisica che le riscattano dall'ovvio quotidiano. 

sabato 23 marzo 2013

Ottimi compagni di formazione

Sono questi due testi...


Il libro di Luigi Garlando è ormai un best-seller che ha nella semplicità del linguaggio e dell'obiettivo finale il suo punto di forza. E' stata una preziosissima chiave di volta nel rapporto con una ragazza particolarmente difficile. Carattere ribelle, battuta pungente e irriverente, la giovane non aveva mai letto un libro e andava veramente male sia a livello disciplinare che didattico. Quando le ho proposto di leggerlo, dopo solo una settimana me lo ha restituito, commossa: "Non avevo mai letto un libro prima d'ora. Non pensavo fossi così piacevole". Non solo lo aveva "divorato", ne aveva addirittura fatto la scheda (ben scritta e con tanto buon sentimento) e convinto le compagne, tutt'altro che amanti della lettura, a leggerlo. Da quel momento il rapporto è cambiato in meglio. E pazienza se durante la lettura aveva tolto tutte le pieghe degli angoli delle pagine che avevo fatto per trovare più facilmente i punti salienti segnati a matita (quelli almeno non sono stati cancellati).

giovedì 21 marzo 2013

Alleati non...missionari !

Uno dei tanti luoghi comuni che accompagnano i prof è che provino un vero e proprio piacere psicofisico nel "riprendere" gli alunni. Balle ! Un minuto di sgridata è una situazione in cui si rischia di perdere il filo del discorso, si danneggia chi segue ed è un minuto in meno in cui si forma, anche se è vero che talvolta certi cazziatoni, pacati, sono molto più formativi di tante spiegazioni.
E' vero che i rimbrotti fanno parte dell'attività formativa tanto quanto il premio, è anche vero, però, che ci sono tanti bravi colleghi che hanno un vero e proprio godimento quando possono premiare con un "cinque" dato con la mano e non con la biro, con un voto alto, con un "bravo" detto di cuore.

martedì 19 marzo 2013

Vita di classe: "feed che ?"


"La comunicazione si basa sul principio di reciprocità". E' uno dei postulati base del dialogo: se non ho un ritorno, seppure minimo, anche sotto forma di espressione stranita o di comunicazione non verbale è come se parlassi al muro.

Poco tempo fa stavo raccontando questa specie di "acqua calda" in un corso in cui la media dell'attenzione era abbastanza elevata, quando mi accorgo che due degli uditori sono palesemente altrove con la testa. Viste le facce abbastanza perplesse in giro, mi piazzo davanti alle due persone distratte e continuo a parlare alla classe come se stessi parlando con loro solamente, con un tono di voce leggermente più alto.

venerdì 15 marzo 2013

Vita di classe: "Ma lei è un damanhur ?"


"Prof ma lei è un damanhur ?"
La domanda giunge, improvvisa, quasi al termine di una lezione. L'allievo è un giovane sveglio, molto più di quanto certe carte bollate certificheranno mai. Merita quindi un'attenzione ben superiore alla voglia istintiva di liquidare la domanda con un'occhiataccia.

"Perchè ?", chiedo perplesso, per fargli capire che si sta muovendo su un campo minato.

martedì 12 marzo 2013

Amicizia e morte fra i banchi della vita


Ci sono giornate in cui ci pensa mamma vita a regalare gli spunti migliori per le lezioni mettendoci di fronte alle sfide importanti del vivere quotidiano. Oggi è bastato dare un'occhiata al capanello di ragazzi davanti all'ingresso per capire che la nera signora aveva fatto il suo ingresso nelle loro vite. Ovunque musi lunghi, facce tristi, occhi umidi: uno di loro ci ha lasciati nel modo più drammatico. Molti lo conoscevano, qualcuno meglio, qualcuno di vista, qualcuno per sentito dire. Tutti accomunati da sogni, speranze, orizzonti intravisti e poi subito scomparsi. E viene inevitabile pensare al proprio passato: al compagno di scuola scomparso in un incidente stradale, all'amico portato via da un brutto male, all'amica che se la sta ancora "giocando", alle nostre reazioni, agli insegnamenti ricevuti e a come tradurli per cercare di annullare la distanza del tempo e aiutare questi cuori a dare un senso a qualcosa che non ce l'ha. Almeno in apparenza.

domenica 10 marzo 2013

Vincer si può la solitudine dei...prof



...nelle lezioni. C'è un programma da seguire più che un obiettivo da raggiungere. L'apprendimento effettivo del discente è un vero e proprio post-it nell'anima, conta solo la riga che si scrive sul registro e il numero nella colonna dei voti. Ciò che si è imparato in fin dei conti è "un affaire" dei ragazzi. Indifferenza da sopravvivenza: pretendere che tutti imparino qualcosa è utopia. Peccato che sia lo scopo della scuola e anche del "Formatore Ideale", quel tizio che dovrebbe fare questo mestiere più perchè ci crede che per lo stipendio.

A Reggio Emilia, Alberto Vellani ha provato a utilizzare facebook come risorsa didattica:
"Il dramma che ogni giorno si vive a scuola: la distanza fra la cultura scolastica e la cultura giovanile; noi prof che spezzettiamo tutto in discipline e non sappiamo mai cosa il nostro collega stia facendo, o mai che nessuno ti venga a chiedere cosa stai facendo: barra dritto e si tira avanti sul fantomatico programma". 

venerdì 8 marzo 2013

Così connessi...così distanti

Nella "scuola di una volta" si parlava di Narciso e Boccadoro, Cuore, Il Piccolo Principe. Oggi, nell'era di internet è doveroso ripensare e ridefinire il concetto per capire meglio anche ciò che succede in classe.

Massimo Gramellini fa quest'acuta considerazione nel forum Cuori allo Specchio

"Amicizia. Una parola che distribuiamo con generosità (...) E invece non siamo mai stati così soli come da quando siamo così connessi. Sono talmente tanti gli «amici» da seguire che non c’è più tempo per gli Amici da vedere. Le amicizie in Rete sono un’opportunità straordinaria che, se fosse esistita quando avevo 15 anni, avrebbe rivoluzionato la mia adolescenza timida. Però ho il sospetto che la novità ci abbia preso la mano, facendoci dimenticare che le amicizie vere scavano nel profondo e perciò richiedono tempo, disponibilità e concentrazione: una connessione speciale che per qualche momento escluda tutte le altre". 

Personalmente sono d'accordo e continuo a considerare i social network solo come uno strumento utile a riscoprire e a rinsaldare amicizie passate e nuove e a mantenere i contatti con persone che vivono lontano o fanno vite con orari spesso incompatibili per vedersi bene. Ma non servono e non possono sostituire il contatto visivo, l'emozione che sanno regalare una voce, uno sguardo d'intesa, una risata in compagnia.

giovedì 7 marzo 2013

Dalla cattedra: Uomini, maschi e ominicchi...



E' un discorso che di solito ha molta presa sui ragazzi. E' nato, anni fa, come un cazziatone-spot a un paio di sciocchi ed è diventata una lezione che ancora oggi gli allievi di allora, oggi diplomatisi, ricordano meglio. E' bastato che dicessi, pacatamente quanto rudemente: "questo non è un comportamento da uomini ma da ominicchi" che subito è calato il silenzio. Persino chi se la rideva sotto i baffi si è zittito di colpo e ha acceso le lampadine degli occhi, i fanali dell'attenzione.

A quel punto ho capito che bisognava sfruttare l'occasione per dare un codice di comportamento chiaro a cui attenersi, che riassumesse, più che le norme del regolamento scolastico, quello della convivenza fra persone civili. Volevano in sostanza un discorso da uomini. Ho quindi attualizzato, semplificandolo, il discorso di Leonardo Sciascia.

Maschi: sono quelli che seguono gli istinti più bestiali, non rispettano niente e nessuno a cominciare da se stessi, non hanno obiettivi e si divertono a far casino e a far perdere tempo a chi gli sta intorno, compagni inclusi. Praticamente delle bestie antropomorfe degne di nessun rispetto, dei perdenti.
Ominicchi: sono già un po' più furbi. Sono quelli a cui piace far casino, ma un minimo di astuzia per capire quando è il momento ce l'hanno. Non sempre però decidono per il meglio, perchè non hanno il minimo senso di responsabilità e la poca intelligenza, che pure avrebbero, viene usata male.
Uomini: sono quelli che si sanno prendere le proprie responsabilità e sanno portare sulle proprie spalle le conseguenze delle loro azioni. Sono, insomma, persone degne di rispetto anche quando sanno di fare qualcosa di sbagliato.

Dipende da loro scegliere cosa essere e cosa diventare, ben sapendo che queste distinzioni si basano sui fatti, sulle azioni che compiono non solo in classe ma nella vita di tutti i giorni. Il giudice ultimo sarà sempre e solo la loro coscienza.

In fin dei conti, diceva Adriano Olivetti: 
"La luce della verità risplende soltanto negli atti, non nelle parole".