venerdì 29 marzo 2013

Vita di classe: "Grazie per un...compito !"

Succede anche questo nel variegato mondo della formazione, specie nel periodo pasquale. Qualcuno potrà storcere la bocca e allargare gli occhi pensando a un ringraziamento detto sarcasticamente o per accondiscendenza. Ma non è questo il caso, dal momento che il ragazzo in questione è un personaggio positivo, originale nelle pose e anche nei pensieri, quanto furbetto e bisognoso di una buona razione di sani esercizi di grammatica.

mercoledì 27 marzo 2013

La nostra cronaca...la nostra storia...

Che cos'è la nostra vita se non cronaca che diventa storia ? Ciò che si racconta qui, in questo blog, altro non è che uno specchio e uno spicchio di tante micro-vicende in cui la piccola storia esce dalla cronaca per entrare nella storia che alimenta la leggenda di ognuno di noi...Ma erano effettivamente giorni migliori, quelli passati, o è solo la distanza temporale, lo scorrere del tempo, che li rende tali ?  



Elogiamo la Mamma Cronaca.

È a lei che deve tutto la storia che nasce e cresce. È a lei che si ispiravano scrittori quali Balzac e Gogol, Flaubert e Stendhal. È ancora a lei che debbono piegarsi anche i mastodontici macchinari della novella civiltà visiva, perché senza cronaca non esiste informazione, talvolta non esiste nemmeno lo spettacolo, pur cruento. Raccogliere la cronaca è anche un'idea sfidante. Come vuotare il mare con un cucchiaio, dirà qualcuno. Beh, dipende da quale mare, da quanto tempo, e dall'impegno del cucchiaio. Del resto, l'oceano della cronaca, lì bello disteso, ha un fascino, un pepe, tutta una serie di spezie, che non si possono lasciar ammuffire.
La cronaca ha un milione di facce: notizie che ieri erano dolorose, un anno dopo fanno ridere o assumono quella patina grottesca, quella crosta metafisica che le riscattano dall'ovvio quotidiano. 

sabato 23 marzo 2013

Ottimi compagni di formazione

Sono questi due testi...


Il libro di Luigi Garlando è ormai un best-seller che ha nella semplicità del linguaggio e dell'obiettivo finale il suo punto di forza. E' stata una preziosissima chiave di volta nel rapporto con una ragazza particolarmente difficile. Carattere ribelle, battuta pungente e irriverente, la giovane non aveva mai letto un libro e andava veramente male sia a livello disciplinare che didattico. Quando le ho proposto di leggerlo, dopo solo una settimana me lo ha restituito, commossa: "Non avevo mai letto un libro prima d'ora. Non pensavo fossi così piacevole". Non solo lo aveva "divorato", ne aveva addirittura fatto la scheda (ben scritta e con tanto buon sentimento) e convinto le compagne, tutt'altro che amanti della lettura, a leggerlo. Da quel momento il rapporto è cambiato in meglio. E pazienza se durante la lettura aveva tolto tutte le pieghe degli angoli delle pagine che avevo fatto per trovare più facilmente i punti salienti segnati a matita (quelli almeno non sono stati cancellati).

giovedì 21 marzo 2013

Alleati non...missionari !

Uno dei tanti luoghi comuni che accompagnano i prof è che provino un vero e proprio piacere psicofisico nel "riprendere" gli alunni. Balle ! Un minuto di sgridata è una situazione in cui si rischia di perdere il filo del discorso, si danneggia chi segue ed è un minuto in meno in cui si forma, anche se è vero che talvolta certi cazziatoni, pacati, sono molto più formativi di tante spiegazioni.
E' vero che i rimbrotti fanno parte dell'attività formativa tanto quanto il premio, è anche vero, però, che ci sono tanti bravi colleghi che hanno un vero e proprio godimento quando possono premiare con un "cinque" dato con la mano e non con la biro, con un voto alto, con un "bravo" detto di cuore.

martedì 19 marzo 2013

Vita di classe: "feed che ?"


"La comunicazione si basa sul principio di reciprocità". E' uno dei postulati base del dialogo: se non ho un ritorno, seppure minimo, anche sotto forma di espressione stranita o di comunicazione non verbale è come se parlassi al muro.

Poco tempo fa stavo raccontando questa specie di "acqua calda" in un corso in cui la media dell'attenzione era abbastanza elevata, quando mi accorgo che due degli uditori sono palesemente altrove con la testa. Viste le facce abbastanza perplesse in giro, mi piazzo davanti alle due persone distratte e continuo a parlare alla classe come se stessi parlando con loro solamente, con un tono di voce leggermente più alto.

venerdì 15 marzo 2013

Vita di classe: "Ma lei è un damanhur ?"


"Prof ma lei è un damanhur ?"
La domanda giunge, improvvisa, quasi al termine di una lezione. L'allievo è un giovane sveglio, molto più di quanto certe carte bollate certificheranno mai. Merita quindi un'attenzione ben superiore alla voglia istintiva di liquidare la domanda con un'occhiataccia.

"Perchè ?", chiedo perplesso, per fargli capire che si sta muovendo su un campo minato.

martedì 12 marzo 2013

Amicizia e morte fra i banchi della vita


Ci sono giornate in cui ci pensa mamma vita a regalare gli spunti migliori per le lezioni mettendoci di fronte alle sfide importanti del vivere quotidiano. Oggi è bastato dare un'occhiata al capanello di ragazzi davanti all'ingresso per capire che la nera signora aveva fatto il suo ingresso nelle loro vite. Ovunque musi lunghi, facce tristi, occhi umidi: uno di loro ci ha lasciati nel modo più drammatico. Molti lo conoscevano, qualcuno meglio, qualcuno di vista, qualcuno per sentito dire. Tutti accomunati da sogni, speranze, orizzonti intravisti e poi subito scomparsi. E viene inevitabile pensare al proprio passato: al compagno di scuola scomparso in un incidente stradale, all'amico portato via da un brutto male, all'amica che se la sta ancora "giocando", alle nostre reazioni, agli insegnamenti ricevuti e a come tradurli per cercare di annullare la distanza del tempo e aiutare questi cuori a dare un senso a qualcosa che non ce l'ha. Almeno in apparenza.

domenica 10 marzo 2013

Vincer si può la solitudine dei...prof



...nelle lezioni. C'è un programma da seguire più che un obiettivo da raggiungere. L'apprendimento effettivo del discente è un vero e proprio post-it nell'anima, conta solo la riga che si scrive sul registro e il numero nella colonna dei voti. Ciò che si è imparato in fin dei conti è "un affaire" dei ragazzi. Indifferenza da sopravvivenza: pretendere che tutti imparino qualcosa è utopia. Peccato che sia lo scopo della scuola e anche del "Formatore Ideale", quel tizio che dovrebbe fare questo mestiere più perchè ci crede che per lo stipendio.

A Reggio Emilia, Alberto Vellani ha provato a utilizzare facebook come risorsa didattica:
"Il dramma che ogni giorno si vive a scuola: la distanza fra la cultura scolastica e la cultura giovanile; noi prof che spezzettiamo tutto in discipline e non sappiamo mai cosa il nostro collega stia facendo, o mai che nessuno ti venga a chiedere cosa stai facendo: barra dritto e si tira avanti sul fantomatico programma". 

venerdì 8 marzo 2013

Così connessi...così distanti

Nella "scuola di una volta" si parlava di Narciso e Boccadoro, Cuore, Il Piccolo Principe. Oggi, nell'era di internet è doveroso ripensare e ridefinire il concetto per capire meglio anche ciò che succede in classe.

Massimo Gramellini fa quest'acuta considerazione nel forum Cuori allo Specchio

"Amicizia. Una parola che distribuiamo con generosità (...) E invece non siamo mai stati così soli come da quando siamo così connessi. Sono talmente tanti gli «amici» da seguire che non c’è più tempo per gli Amici da vedere. Le amicizie in Rete sono un’opportunità straordinaria che, se fosse esistita quando avevo 15 anni, avrebbe rivoluzionato la mia adolescenza timida. Però ho il sospetto che la novità ci abbia preso la mano, facendoci dimenticare che le amicizie vere scavano nel profondo e perciò richiedono tempo, disponibilità e concentrazione: una connessione speciale che per qualche momento escluda tutte le altre". 

Personalmente sono d'accordo e continuo a considerare i social network solo come uno strumento utile a riscoprire e a rinsaldare amicizie passate e nuove e a mantenere i contatti con persone che vivono lontano o fanno vite con orari spesso incompatibili per vedersi bene. Ma non servono e non possono sostituire il contatto visivo, l'emozione che sanno regalare una voce, uno sguardo d'intesa, una risata in compagnia.

giovedì 7 marzo 2013

Dalla cattedra: Uomini, maschi e ominicchi...



E' un discorso che di solito ha molta presa sui ragazzi. E' nato, anni fa, come un cazziatone-spot a un paio di sciocchi ed è diventata una lezione che ancora oggi gli allievi di allora, oggi diplomatisi, ricordano meglio. E' bastato che dicessi, pacatamente quanto rudemente: "questo non è un comportamento da uomini ma da ominicchi" che subito è calato il silenzio. Persino chi se la rideva sotto i baffi si è zittito di colpo e ha acceso le lampadine degli occhi, i fanali dell'attenzione.

A quel punto ho capito che bisognava sfruttare l'occasione per dare un codice di comportamento chiaro a cui attenersi, che riassumesse, più che le norme del regolamento scolastico, quello della convivenza fra persone civili. Volevano in sostanza un discorso da uomini. Ho quindi attualizzato, semplificandolo, il discorso di Leonardo Sciascia.

Maschi: sono quelli che seguono gli istinti più bestiali, non rispettano niente e nessuno a cominciare da se stessi, non hanno obiettivi e si divertono a far casino e a far perdere tempo a chi gli sta intorno, compagni inclusi. Praticamente delle bestie antropomorfe degne di nessun rispetto, dei perdenti.
Ominicchi: sono già un po' più furbi. Sono quelli a cui piace far casino, ma un minimo di astuzia per capire quando è il momento ce l'hanno. Non sempre però decidono per il meglio, perchè non hanno il minimo senso di responsabilità e la poca intelligenza, che pure avrebbero, viene usata male.
Uomini: sono quelli che si sanno prendere le proprie responsabilità e sanno portare sulle proprie spalle le conseguenze delle loro azioni. Sono, insomma, persone degne di rispetto anche quando sanno di fare qualcosa di sbagliato.

Dipende da loro scegliere cosa essere e cosa diventare, ben sapendo che queste distinzioni si basano sui fatti, sulle azioni che compiono non solo in classe ma nella vita di tutti i giorni. Il giudice ultimo sarà sempre e solo la loro coscienza.

In fin dei conti, diceva Adriano Olivetti: 
"La luce della verità risplende soltanto negli atti, non nelle parole".


martedì 5 marzo 2013

"Già che lo devo fare, tanto vale che lo ami...".


La riflessione dell'ottimo Michele Serra, fatta all'indomani di un infelice frase di uno dei tanti governanti pro-tempore, indica un punto essenziale della crisi: il pregiudizio generalizzato su certe scuole e certi atteggiamenti. Io credo però che il punto fondamentale della "questione scuola" sia un altro. 
Quanti ragazzi fanno effettivamente la scuola che avrebbero voluto fare e quanti sono lì per scelta altrui ? Questa è una domanda ricorrente che faccio ai ragazzi quando entro in una nuova classe. E quelli realmente motivati a farlo sono una minoranza.

Tempo fa, infatti, mi è capitato di chiacchierare del suo lavoro con un signore stanco, ormai alle soglie della pensione. Al termine di una sua considerazione particolarmente acida gli ho chiesto: "Ma le piace il suo lavoro ?". La risposta poteva essere abbastanza implicita invece è stata sorprendente:

                             "Già che lo devo fare, tanto vale che lo ami..." 

Da quel momento una delle cose che vado ripetendo più spesso ai ragazzi è di cercare di fare, nel proprio lavoro, ciò che veramente amano. E' molto difficile e ci vuole coraggio, pazienza e fortuna. Ma...

E' la benzina migliore che ti porta ad affrontare, con meno fatica, le tante difficoltà
insite in qualsiasi lavoro.

domenica 3 marzo 2013

Perchè...



“Minkia prof !” è l’esclamazione più tipica e ricorrente nel mondo giovanile di oggi, almeno quello collegato alla scuola e si può considerare ormai l'equivalente di esclamazioni passate come "oh santa pazienza !", "ma che cavolo !", "miseria !". 

Per quanto non sia proprio il massimo intitolare un blog con una parolaccia, l'ho fatto perchè quando sento quest’espressione parlando con i ragazzi, in classe come nei corridoi, è un bel segnale.

Per tanti motivi:
- perché vuol dire che i ragazzi stanno lavorando o, per lo meno, stanno ascoltando quindi sono attenti;
- perché tutte le volte che l’ho sentito dire, subito dopo è successo qualcosa di positivo che dimostra una vitalità più diffusa di quanto non si creda in un universo, come quello giovanile, vissuto spesso più come un problema che non come una risorsa;
- perchè loro (i ragazzi) sono l'oro in potenza e se noi siamo come siamo oggi è perchè abbiamo affrontato  un sacco di situazioni difficili partendo proprio con un'esclamazione di quel tipo.

Ecco allora un luogo di incontro e confronto positivo e costruttivo fra tutti gli attori dello stesso mondo, quello della formazione (sia scolastica che aziendale), per renderci consapevoli della nostra natura di protagonisti e non di semplici comparse.

Spazio quindi ad aneddoti, proposte, provocazioni, sfoghi sempre e comunque nel rispetto delle persone e a proposito di questioni per parlare di presente, passato e...futuro !

Perchè quando si parte per un viaggio più che la meta conta l'esperienza che si fa...oh !