lunedì 27 maggio 2013

Dalla...telecamera:"Chi insegna è un sognatore incallito".

Al Salone del libro della settimana scorsa è capitato, anche, di essere intervistati e di dover spiegare il perchè è nato questo blog. Fa un certo effetto passare "dall'altro lato" del microfono, ma è comunque sempre una bella occasione di crescita e di confronto. Tuttavia lungi dal voler eccedere in narcisismo, in seguito all'incontro avuto poi con altri amici e colleghi, posto qui, in modo autonomo e distaccato dal contesto di un post precedente, quali sono le motivazioni per cui mi sono messo online.


“Minkia prof !” è l’esclamazione più tipica e ricorrente nel mondo giovanile di oggi, almeno quello collegato alla scuola e si può considerare ormai l'equivalente di esclamazioni passate come "oh santa pazienza !", "ma che cavolo !", "miseria !". Quindi non c'entra nulla l'espressione usata, ben prima di me, dalla brava Luciana Littizzetto o da Giorgio Faletti. 

Sono arrivato tardi, anagraficamente, al mondo della formazione e il fuoco mi si è acceso per gradi. In origine era un modo come un altro per sbarcare il lunario, assecondando il progetto di vita di contribuire a valorizzare le risorse della terra natìa. Con la differenza che queste teste e questi cuori non sono aziende, ma piccole meraviglie che si stanno aprendo alla vita.

Loro sono l’oro in potenza. L’elemento esaltante di questa sfida è qui: aver di fronte dei blocchi di diamante, (che in alcuni casi al confronto è burro), da scolpire ogni giorno con pazienza, passione, fiducia e anche un po’ di divertimento, per assecondare quell’imperativo morale che mi impone di non peggiorare quanto ho trovato al mio arrivo in questo mondo e, se possibile, migliorarlo.

Un’avventura difficile e per questo stimolante. Dice bene un collega: “se riesci a bucare certe corazze, gli entri nell’anima e gliela cambi”. Ci sono momenti in cui ti arrivano delle vere e proprie sberle, (come quando qualcuno dei migliori afferma che non serve a nulla frequentare quel corso), ma è anche vero che se si lavora con passione e fantasia i primi a ricompensarti sono i ragazzi. 

In teoria chi fa l’insegnante difficilmente lo fa per denaro, ma perché è un sognatore incallito, un innamorato della vita che non teme i rifiuti e gli schiaffi, anzi, da essi trae lo spunto per non sedersi mai e per continuare a migliorare nel fare il proprio lavoro. L’apprendimento non ha mai una sola sorgente, così come in classe non bisogna mai considerarsi l’unica e sola fonte. La più autorevole sì e in mancanza di quello la più autoritaria. Ma guai a non cogliere i segnali che arrivano da loro, anche sotto forma di provocazione. Si rischia di fare la fine dei sommergibili senza sonar: senza eco si va prima alla deriva e poi a sbattere di sicuro.

La benzina vera per andare avanti arriva dai ragazzi, dalle loro provocazioni, dai loro discorsi, giusti o sbagliati che siano, dalla necessità che hanno di vedere codificate e applicate le regole in modo equo e senza favoritismi. “Duro ma giusto”, simpatico ma non amico. A questi precetti mi sono ispirato e mi ispiro tutt’oggi. Loro non vogliono amici più grandi, secondi padri, fratelli maggiori, guru inarrivabili, ma persone vere, credibili, con cui confrontarsi che sappiano dare rispetto, ascolto, conoscenza. E che all’occorrenza sappiano punire. A patto che la cosa sia giusta e mirata. Non casuale.


venerdì 24 maggio 2013

Quando l'aula si allarga al mondo e si fa libro: il Salone internazionale di Torino

Ci sono posti che più che eventi sono veri e propri luoghi dell'anima, una sorta di "paradiso in terra" dove ci si sente quasi meglio che a casa: in pace e in armonia con il resto dell'umanità e con se stessi, continuamente stimolati a tirar fuori il meglio di noi e a colloquiare non solo necessariamente con i nostri interessi, ma a scoprirne di nuovi. Tutti ne abbiamo (almeno) uno. Da qualche anno ormai per me è così al Salone Internazionale del Libro di Torino, un posto che è fuori dal mondo proprio perchè al suo interno trovi tutto ciò che fa parte del mondo: stimoli, provocazioni, momenti di riflessione e di ilarità, amici, ex-colleghi, volti intravisti e poi subito scomparsi. Praticamente una gigantesca aula scolastica in cui tutti sono compagni e allievi di vita rimanendo, però, professori di se stessi.

Si parla, ci si confronta, ci si "annusa" in code spesso chilometriche come quella per ascoltare il simpatico duetto fra Vauro e Lella Costa, sorridere amaramente con Paolo Villaggio ed emozionarsi con Massimo Gramellini e Paola Mastrocola in un turbinio di incontri dove si discute di tutto dalla scuola digitale, al futuro dell'editoria; dal passato oscuro dell'Italia stragista ai 40 anni de "La grammatica della fantasia" di Gianni Rodari. Capita anche di incontrare un gruppo di bravi e simpatici smanettoni di @Hubblog che, intervistando l'amico twitt-star "La Pausa Caffè", decidano di fare qualche video-domanda sul neonato blog persino a me e di incontrare e scambiare quattro chiacchiere con voci e maestri della propria arte come Ivo De Palma, una delle voci torinesi più belle ma meno note al grande pubblico a livello nazionale, di rivedere compagni di strada spediti dalla vita a Roma, come Davide Mattiello, di assistere all'appassionata presentazione dell'ultimo libro di Rosario Esposito La Rossa che, con la sua Marotta&Cafiero editori, opera a Scampia per dare una voce e un futuro ai giovani di una delle più splendide terre d'Italia dove il peso della malavita si fa sentire ogni giorno.

Poi dalle nebbie del passato spunta lo sguardo serio e la voce appassionata di Antonio Nicaso che con il magistrato Nicola Gratteri è arrivato a presentare il loro ultimo libro sulla N'drangheta. Malgrado la folla di mani e di libri da stringere e firmare, trova modo di passare qualche momento insieme per riflettere su mafia, politica e ricordare le belle esperienze insieme in Canada. Poi, sfogliando l'omaggio dell'ottimo illustratore in 3d Francesco Corni, si illumina dice: "un autore così bravo da noi "spaccherebbe". Peccato che i luoghi di diffusione si siano ridotti con la sospensione delle pubblicazioni del Corriere Canadese". Una notizia che mi sorprende perchè credevo che il gruppo editoriale che lo pubblicava fosse in buone acque. Invece, chiosa laconico il suo ex-direttore, "non è tutto ora ciò che luccica". 

Luccicano invece, eccome, gli occhi dei due smanettoni dei droni: Gregory Alessio e Osvaldo Gotta. Sono entrati al salone quasi di soppiatto, infatti li hanno lasciati vicino all'uscita che però non è mai stata così affollata di curiosi con le bocche che fanno "oh! che meraviglia" e i cui occhi brillano di ammirazione quasi quanto quelli dei due giovani di voglia di costruire apparecchietti e apparecchioni volanti non per fare la guerra ma per portare in alto le loro idee e la loro passione. Sono capaci di stare svegli fino alle 4 del mattino per smontare e rimontare eliche, batterie, giroscopi e componenti dei loro "giocattoli" malgrado due figli e due lavori semi-regolari.

Due testoni così sono stati la croce dei loro insegnanti di matematica (complimenti ragazzi facciamo parte dello stesso club :)) e la delizia di quelli di meccanica che hanno aiutato anche fattivamente nella preparazione delle lezioni. Non hanno ancora costituito nemmeno la società, per paura di perdere la magia del divertimento in ciò che fanno ma si sono portati avanti: hanno partecipato a un incontro con i Grom (Federico e Guido Martinetti) che della loro passione auto-appresa hanno fatto un business. Ufficialmente stanno dietro a tanti banconi sparsi per il mondo e fanno qualità, di fatto generano con i loro sapori emozioni...gelate. 

Come Osvaldo e Alessio, anche Federico e Guido avevano degli insegnanti un po' "vecchio stampo", tanto è vero che gli avevano sconsigliato di proseguire gli studi e quando se li sono trovati dietro il bancone del primo negozio, di via Paleocapa, una di loro ha detto: "ecco più che il gelataio uno come te non poteva finire a fare". 

Ecco allora una provocatoria domanda, tutt'altro che retorica. Premesso che il buon formatore è quello che tira fuori il meglio dal materiale umano che gli viene affidato, collaborando come un alleato più che come un missionario, siamo davvero sicuri che oggi saremmo ciò che siamo se non avessimo avuto anche dei prof duri, testoni, magari miopi, che ci hanno "fustigato", ostacolato, spremuto come limoni facendoci fare cose di cui non ci importava nulla al momento perchè non ne vedevamo/capivamo l'utilità?

Dice bene l'esperto Edoardo Nesi

il formatore, come il genitore, deve vedere oltre la persona che ha di fronte 
e cercare di tirar fuori il meglio, 
valorizzando le doti e aiutando a colmare le lacune.


venerdì 17 maggio 2013

Vita di classe: "A scuola impariamo a riflettere, pensare e vivere"

"Qui non imparo solo come si fa un impianto elettrico o come scrivere un tema,
ma a confrontarmi, a riflettere, a pensare, a vivere
".

Questa è una delle "sorprese" più liete che porta con sè la fine dell'anno ed è contenuta nel compito più atteso e temuto, (anche da...me, come professore): "Cosa avete imparato quest'anno". Partendo dal presupposto che "cultura è ciò che rimane dopo che si è dimenticato ciò che si è imparato", a tutti i ragazzi, quasi ogni anno, chiedo di scrivere, a cuore aperto e mente fredda, cosa hanno imparato e cosa gli è piaciuto di più...un po' di tutte le materie. Purchè non sia un semplice elenco ma sia un lavoro ordinato e con un po' di...sentimento. Ovvero un minimo di riflessione personale. 

Unico obbligo: massima sincerità. "Qui non si valuta il giudizio sull'insegnante ma la vostra capacità di analisi e argomentazione. Scrivete pure se vi sono stato sulle scatole a patto che lo motiviate in modo chiaro. In questa prova si valutano i vostri contenuti individuali. Sicuramente c'è stato qualche argomento che avete apprezzato di meno, per non dire odiato, scrivetelo. E motivatelo. Però siccome la vita non è fatta di sole ombre, o di sole luci, parlate anche di ciò che vi è piaciuto fare oltre all'intervallo, al baccagliare le compagne, a fumare nei bagni, a prendere in giro compagni e docenti. Insomma è una scuola professionale, qualcosa avrete pure imparato e qualcosa, magari, vi sarà pure piaciuto. In caso contrario, chiedetevi almeno come mai non è successo, con un minimo di spirito critico". Non concedo la consultazione di quaderni, al massimo una sbirciata dopo la prima stesura ai più titubanti, anche perchè se è vero che una parola può scatenare un diluvio di ricordi, è proprio dalle parole più sofferte che emergono i lavori più sinceri.

Non so se sia la possibilità data agli allievi di "vendicarsi" degli insegnanti, la necessità di rimediare ai voti precedenti facendo qualcosa di diverso, oppure il gusto di un primo bilancio di una seria esperienza di vita, fatto sta che è un compito che piace. La "ricompensa" sono lavori come quello di un allievo di origine polacca che ha scritto, forse, le parole più belle che abbia mai letto finora. "Questa per me non è solo una scuola o un servizio pubblico. E' un luogo dove possiamo confrontare le nostre idee. Questa scuola non ci insegna solo a fare bene impianti o come scrivere un tema, ma come riflettere, pensare e vivere. In questa scuola ci prepariamo per la grande battaglia del lavoro che ci aspetta fuori da qui. Secondo me la scuola è utile quando ci fa analizzare le cose. Ad esempio quando parliamo di politica o di elettrotecnica se non iniziamo ad analizzare le cose dentro la nostra testa non le capiremo mai. Questo non serve solo a scuola ma anche nella vita perchè se sono in una situazione grave di difficoltà e non inizio a pensare e sto ad aspettare che qualcuno mi aiuta, non aggiusto niente nella mia vita.(...). La scuola e un po come internet dove possiamo confrontare le nostre idee, imparare, cercare le nuove informazioni (...). Venendo a scuola mi sento collegato con il mondo, dove ce qualcuno che mi ascolta e che mi parla. Secondo me la scuola e libero circolo di informazioni, e anche un momento nella vita che possiamo sfruttare".

Refusi grammaticali a parte (ma va considerato che il ragazzo è in Italia da poco tempo e nelle materie professionalizzanti è molto in gamba), questo lavoro dà un senso di completezza a quanto fatto durante l'anno scolastico. Non è fortunatamente l'unico esempio, ci sono anche casi di ragazzi che hanno avuto il coraggio, (sarebbe meglio forse dire l'incoscienza) di scrivere di non aver imparato nulla, ma questa è un'altra storia.

Ciò che conta è che:
se stimolati in modo appropriato,
da ognuno di loro emerge l'oro che sono (in potenza).  

martedì 7 maggio 2013

Vita di classe: "Com'è essere di colore ?"


In una società sempre più multiculturale il problema del razzismo esiste eccome e ben prima che qualcuno "ai piani alti" se ne accorgesse. Per questo uno dei primi lavori che ho quasi sempre fatto fare è stata un'intervista a coppie, componendole anche in base all'antipatia e al grado di pregiudizio reciproco. Il razzismo trova, infatti, terreno fertile dove abbondano l'ignoranza e la diffidenza. Non è detto che le cose cambino (e purtroppo a distanza di mesi dall'esperimento, malgrado qualche miglioramento, la piaga è ancora presente) però il messaggio è partito e in alcuni casi è stato recepito. Per esempio due alunni, entrambi non italiani se non di adozione territoriale, hanno cominciato così. 

"Com'è essere di colore ?";"Bello, mi ricorda la mia terra natale".
"Ti senti più brasiliano o italiano ?";"Sono fiero delle mie origini, ma mi sento italiano perchè ormai sono anni che vivo qui".

Sono compiti ineccepibili sia per contenuti che a livello grammaticale, un dato tutt'altro che scontato in molti lavori di madre lingua. Ma sono soprattutto l'essenza del multiculturalismo. Hanno un differente retroterra culturale, ovvero storie e tradizioni individuali, arrivano da luoghi diversi (le famose mille strade del canto della comunione) ma parlano una lingua comune e non è l'inglese ! ma la nostra lingua: l'italiano. Leggono, imparano e si confrontano nella nostra realtà quotidiana, ognuno la filtra in modo diverso, reagisce in modo diverso sulla base dei valori appresi anche in casa ma quando non la pensano allo stesso modo magari scatta lo sfottò, la battuta, ma non viene mai meno il rispetto reciproco. Cosa che, purtroppo, non succede ovunque.

Li guardo, li sento magari darsi del "negro di m..." o del "bianco come l'ignoranza" o ancora: "Tu stai a legge(re) come un dislessico, ma fra noi due quello vero sono io !". Ma sono prese in giro, pesanti a leggersi come a scriversi, ma chiunque li vedesse sul momento, capirebbe che si vogliono più bene loro di tanti wasp o bianchi o politici dello stesso schieramento. 

Per questo quando leggo certe dichiarazioni sui giornali non posso non sentirmi a disagio e ritorno, con la memoria, a un campo di neve, in montagna, durante un ritiro spirituale dove un prete di colore, oggi tornato come missionario in Africa, disse a tre giovanotti ("bianchi come l'ignoranza") guardandoli in modo torvo:"piantatela perchè non c'è niente di peggio di un nero incazzato nero". E non rise. E gli altri abbassarono, vergognosamente, il capo.

L'idiozia e l'odio non hanno genere, solo un denominatore comune: l'ignoranza.
Ma se essa prevale è anche perchè le persone di buona volontà hanno fatto un passo di lato, cedendole il passaggio.

Sotto questo aspetto i prof occupano una posizione privilegiata, hanno cioè la possibilità di fare qualcosa di concreto. O almeno di provarci. Se vogliono.

Un aiuto può venire da quel piccolo, meraviglioso, film "Il sapore della vittoria" dedicato alla vicenda, realmente accaduta, della squadra di football dei Titans di Alexandria. In quel caso la vera vittoria non fu la conquista di un titolo sportivo ma la collaborazione fra bianchi e neri, frutto della conoscenza e del rispetto reciproco.

venerdì 3 maggio 2013

Scuola 2.0: a lezione si ascolta la storia cantare

Non è stata l'ultima edizione riveduta e corretta di una lezione alla John Keating dell'Attimo Fuggente, anche se è innegabile che la carica di quel simpatico anticonformista un po' addosso mi sia rimasta. Però nel 2013 con Internet, i cellulari e tutte le altre distrazioni ed evoluzioni continue quel personaggio è un po' superato.

E' stata una delle più belle e divertenti lezioni fatte quest'anno in una piccola classe vivacemente e simpaticamente polemica. La stessa in cui un allievo mi aveva chiesto se ero un seguace di Damanhur. Ieri però era assente. In compenso un suo compagno, non italiano almeno all'anagrafe ma verbalmente molto evoluto, è tornato dallo stage in azienda bello gasato. Non che prima non lo fosse, anzi. 

Tuttavia sarà la primavera, sarà lo stato di consapevolezza e di grazia che ormai fra meno di due mesi "i giochi" saranno fatti e finiti, fatto sta che oggi abbiamo lavorato in team in modo, apparentemente, molto efficace (un giudizio definitivo lo si potrà dare solo dopo che avranno fatto i cruciverba sulla lezione di oggi) utilizzando anche il cellulare (MIO!) e andando su internet a cercare le canzoncine dell'epoca pre e post fascista per commentarle insieme.

E il bello è che ero partito volendo fare tutt'altro argomento. Eppure l'attualità contemporanea, l'interesse dei ragazzi, la possibilità del programma di affrontare un argomento solo bordeggiato in un'altra materia e la vecchia regola del "FLESSIBILE SI DEVE !, ciò che conta è l'obiettivo finale (che pensino, che imparino)" han fatto cambiare i piani. Ecco allora che, alternando le informazioni fornite da me, i ricordi dei nonni combattenti (non solo partigiani), aneddoti letti e frutto di passate esperienze scolastiche e di approfondimenti individuali è uscito un quadro complessivo molto verosimile e completo delle diverse parti coinvolte nella seconda guerra mondiale e nella guerra civile italiana. 

Che fosse molto più conosciuta dai ragazzi la canzoncina di "Faccetta nera" che non "Bandiera rossa" ormai non sorprende più chi opera nella scuola. Va considerato piuttosto il fatto che su argomenti così lontani, in apparenza, si sia riusciti a parlare, ad ascoltar-SI con partecipazione reciproca senza mai perdersi per strada.

“La complessità e la bellezza di un'opera è data dalla somma
dei particolari più diversi”